Un cucciolo di volpe si affaccia per la prima volta dalla sua tana. Uno scoiattolo perde la nocciolina mentre spicca un salto. Sono gli scatti unici e irripetibili di Riccardo Demartin , Gerardo Deflorian e Flavio Delli Zotti che hanno già incantato un vasto pubblico lungo il torrente Avisio, in Val di Fiemme, e che ora sbarcano lungo l’Arno, a Pisa.
I tre fotografi della Val di Fiemme esporranno una selezione delle oltre ventimila immagini scattate in vent’anni di postazioni notturne e diurne in una mostra patrocinata dal Comune di Pisa e dal Consorzio Fiumi e Fossi , in collaborazione con l’Azienda per il Turismo della Val di Fiemme. L’esposizione sarà aperta al pubblico di Pisa, dall’11 al 27 marzo, nel Palazzo del Consorzio Fiumi e Fossi sul Lungarno Galilei.
L’eco del successo del loro libro “Luci, colori emozioni”, pubblicato nell’estate 2010, ha raggiunto le sponde dell’Arno grazie all’interesse dello storico e critico d’arte Ilario Luperini che ha deciso di curare personalmente l’esposizione. I tre fotoamatori della Val di Fiemme parteciperanno anche al convegno “Patrimoni ambientali a confronto”, venerdì 25 marzo, alle 16.30, al Palazzo Gambacorti di Pisa. Interverranno il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, il sindaco di Predazzo, Maria Bosin, il direttore dell’Apt Val di Fiemme, Bruno Felicetti, , l’onorevole Ermete Realacci , presidente onorario nazionale di Legambiente, la presidente del Consiglio comunale di Pisa Titina Maccioni e i rappresentanti del Consorzio di Bonifica “Fiumi e Fossi”, dell’ente Parco regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli, del Fondo Ambiente Italiano e del Club Alpino Italiano.
Attraverso le immagini emozionali della fauna e della flora della Val di Fiemme , la mostra e il convegno ricorderanno che le Dolomiti, dichiarate dall’Unesco “Patrimonio Naturale dell’Umanità”, suggeriscono un rapporto più adeguato e sostenibile con la natura.
I COMMENTI BRUNO FELICETTI , direttore dell’Azienda per il Turismo della Val di Fiemme
“Per la comunità della Val di Fiemme è un onore poter presentare a Pisa le opere di tre nostri paesani che, grazie alla loro enorme passione, al loro senso di appartenenza al territorio, alle loro indubbie competenze e ad un’innata sensibilità ambientale, prendono per mano il visitatore e lo accompagnano in un viaggio ricco di emozioni, contribuendo non solo alla promozione del nostro territorio, ma anche alla valorizzazione delle unicità del contesto naturale dell’area Dolomitica riconosciuta non a caso dall’Unesco quale
Patrimonio Naturale dell’Umanità. Spero che la mostra possa unire la comunità fiemmese e quella pisana, nell’impegno comune della salvaguardia dell’ambiente, della flora e della fauna e della riscoperta di un rapporto più adeguato e sostenibile con la natura”.
ILARIO LUPERINI, storico e critico d’arteLa veloce evoluzione delle macchine fotografiche e delle pellicole ha consistentemente trasformato le tecniche della fotografia naturalistica nella seconda parte del Novecento. Il continuo miglioramento e potenziamento delle fotocamere digitali aggiunge ora una nuova dimensione al problema etico anche in questo campo. La manipolazione digitale può essere uno strumento molto creativo, ma può portare alla produzione di immagini fuorvianti o persino biologicamente false. Tuttavia, intervenire con piccoli ritocchi può creare una fotografia più espressiva che riesce a comunicare in modo maggiormente convincente il messaggio della tutela e della valorizzazione ambientale.
I tre fotografi di Predazzo, che preferiscono presentarsi come unico autore, piuttosto che come singoli personaggi – ed è senz’altro un merito, oltre che una dichiarazione di poetica – evitano fieramente questo rischio. Le loro immagini, salvo rarissimi interventi, sono fedeli allo scatto, escludono elaborazioni successive. L’approccio adottato dalla fotografia naturalistica può essere scientifico o artistico, o una combinazione di entrambi. Un esempio riuscito dell’annullamento della distanza tra scienza e arte fu prodotto da Eadweard Muybridge negli anni ‘70 del XIX secolo, con il suo lavoro pionieristico che registrava il movimento animale in una sequenza di inquadrature.
Spesso bastano pochi tratti di pennello a un artista per evocare le svariate sembianze e atteggiamenti di un animale; e anche la pellicola in bianco e nero può essere un buon mezzo per la fotografia naturalistica, ma rischia di non riuscire a rendere le sottili sfumature della varietà arborea di un ecosistema.
Il colore ha un ruolo fondamentale nell’ecologia del mondo naturale.
Flavio, Gerardo e Riccardo sono continuamente alla ricerca di una combinazione di elementi che faccia di una semplice fotografia di documentazione un’immagine di grande efficacia comunicativa. Spesso la luce da sola trasforma le loro fotografie in qualcosa che costringe le persone a guardare due volte. In tutte le stagioni. Anche se il sole d’inverno è basso sull’orizzonte, i tre fotografi ne fissano la peculiarità: la luce penetra con maggiore intensità sotto i rami nelle aree dove gli alberi decidui sono ridotti a scheletri invernali.
Il loro è un fantastico viaggio fotografico nei silenzi dei boschi e nelle magiche atmosfere delle montagne, quelle cattedrali naturali che rappresentano una sorta di paradigma di una elevata qualità di natura. Inseguono con i loro obbiettivi l’idea di una natura quale sorgente di bellezza universale, matrice di originali e di emblemi, sintesi di caratteri peculiari e distintivi, unici e assoluti, che riconducono la diversità alla coerenza.
Gli autori colgono con raro afflato poetico l’artisticità dell’ambiente naturale e dei suoi nascosti frequentatori, un ambiente che è arrivato fino a noi come risultato di una lenta paziente opera di progettazione e di costruzione attraverso i decenni e i secoli e che richiede una particolare attenzione quale bene culturale e risorsa economica.
Si coglie nelle opere di Flavio, Gerardo e Riccardo una straordinaria corrispondenza tra le forme e i colori della natura e le forme e i colori dell’arte.
Dietro a ogni scatto – oltre che sensibilità cromatico-compositiva e approfondita conoscenza tecnica – ci sono la passione e la pazienza nell’appostarsi e nell’attendere il momento giusto che spesso significa ritornare a più riprese sul luogo per cogliere comportamenti affascinanti o catturare sequenze di azioni ad alta velocità.
La precisione e la lucida definizione dei particolari induce l’osservatore a un continuo passaggio da un’osservazione sintetica ed esterna a un’altra più coinvolgente e analitica.
Non sono mai immagini descrittive, ma istanti unici della continua trasformazione della materia e della vita.
Sono composizioni costantemente in bilico tra osservazione e incanto, tra realtà e slancio lirico. L’intento degli autori sembra essere quello di costruire un’immagine dell’ambiente naturale quale obiettivo di comuni aspirazioni e desideri e non come luogo di regressiva nostalgia. Ogni scatto è un’affascinante e coinvolgente elaborazione del vero attraverso l’emozione. Il colore talora fissa l’immagine in una dimensione assoluta di sorprendente silenzio (Pernice bianca), altre volte da statico si trasforma in componente dinamica entro una sorta di luce spiritualizzata (Alba nel bosco di Paneveggio). All’elaborazione del vero attraverso l’emozione si accompagna, poi, non in maniera esplicita ed eclatante, ma semmai intimistica, il conflitto tra un universo immaginato come luogo della ricomposizione dei contrasti e una realtà sempre più complessa, un mondo sbadato, distratto, poco incline a soffermarsi a riflettere, divorato com’è dalla frettolosità dell’esistere.
Ed ecco, dunque, l’esigenza di una rinnovata sensibilità verso la natura e l’ambiente. La minaccia ecologica mette in questione la nostra stessa sopravvivenza e rischia persino di far perdere significato al problema della tutela del patrimonio ambientale e culturale in genere. La degradazione degli ambienti naturali, la perdita progressiva delle testimonianze del passato non può che essere arrestata. Ma per raggiungere questo obiettivo costituiscono elementi di forte preoccupazione le difficoltà burocratiche entro cui sono costrette le istituzioni preposte alla tutela di tali testimonianze, la carenza di risorse e di tecnici specializzati e, buona ultima non certo per importanza, l’attuale tendenza a considerare la cultura come fatto accessorio e non quale conditio sine qua non di un’esistenza serena ed equilibrata.
INFO: www.visitfiemme.it, www.fotoemozioni.it, www.demartinriccardo.info* Pisa è da sempre presente nel panorama affettivo dei tre fotoamatori di Predazzo. Proprio sopra al loro paese svetta la guglia dolomitica TORRE DI PISA del Latemar.
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