Sulla rivista
FIEMME E FASSA inverno 2013 appena uscita in questi giorni e curata dalla scrittrice e giornalista
Sofia Brigadoi, è uscito l’articolo che ho scritto su come vedo le nuove frontiere dell’Outdoor invernale, su come immagino un mondo che sta cambiando ad alta velocità e che, nel futuro solo chi saprà guardare un pò più lontano saprà rimanere in lizza per tenersi i sempre meno frequentatori del mondo bianco (Pino Dellasega)
“””Si dibatte intorno alle modalità più giuste ed equilibrate dell’andare sulla neve in montagna. Pino Dellasega, guru dell’outdoor e ascoltato relatore in convegni ad alto livello dove si discute di sviluppo compatibile e altre strategie per i prossimi anni, espone il quadro delle opzioni, arricchite fortunatamente da nuove invenzioni anche per chi sugli sci proprio non se la sente, ma vorrebbe comunque partecipare alla festa. Spesso in una famiglia ci sono persone che sciano e altre invece che cercano qualcosa di diverso da fare all’aria aperta. Nell’articolo di Dellasega si intravvede l’opportunità di un’integrazione che per le nostre Valli sarebbe un buon connubio e una risorsa in più per fare turismo.””” (Sofia Brigadoi)
UN VOLTO NUOVO PER LE DOLOMITI INVERNALI di Pino Dellasega
Immaginate un bel paesaggio dolomitico invernale, immense montagne con candidi pendii ammantati di neve soffice, con vaste aree dove non esistano impianti sciistici, ma solo una rete di percorsi battuti dove i veri appassionati di outdoor possano percorrere in lungo e in largo i sentieri senza incontrare sciatori, e possano così godere di una giornata completamente immersi nella natura più pura a riscoprire la vera anima antica dalla stagione invernale.

Attualmente, il panorama dolomitico invernale offre invece una moltitudine di proposte, forse troppe e troppo simili tra loro, poco originali e che trascurano l’analisi delle specificità e dei punti di forza delle singole zone, riportando tutto agli stessi standard di offerta. Ci ritroviamo così con aree sciistiche molto rinomate e ben attrezzate, ma anche con zone che – pur essendo molto belle – soffrono per carenza di sciatori e per la presenza di impianti obsoleti. Il risultato è comunque quello di avere quasi tutto il territorio montano di facile accessibilità ricoperto da impianti e piste.
Bello sarebbe invece differenziare le zone tra quelle a fruizione sciistica alpina e quelle dedicate fondamentalmente al camminare sulla neve, allo sci nordico, allo sci alpinismo ed allo sci escursionistico.
Sono convinto che questa mia visione ad alcuni potrà sembrare da fantascienza, ma io credo che non sia così.

Lentamente il panorama invernale sta cambiando, vuoi per la crisi o vuoi per la ricerca di uno star bene interiore delle persone, in ogni caso sono sempre di più i frequentatori della montagna come Dio ce l’ha donata. Una riscoperta del rapporto uomo-natura com’era prima che esplodesse il boom turistico che ha sicuramente portato tanto benessere nelle nostre valli e che ha reso quasi tutte le mete e le cime alpine raggiungibili con estrema facilità, ma che ci ha un po’ alla volta allontanati dal sapore che le nostre montagne avevano quando a percorrerle erano i nostri nonni. Un andar fuori che è un “andar dentro”, la scoperta della forza del silenzio, la grandezza del saper osservare per ascoltare, l’entrare nella natura con profondo rispetto e senza sfide – come buoni ospiti della madre terra – adattandosi ai suoi ritmi e seguendone il cammino del sole.
La mia non è solo una provocazione, ma vuole essere una proposta costruttiva basata sulla considerazione che – al

giorno d’oggi – chi è sopravvissuto tra i diversi e grandi caroselli sciistici è chi ha guardato un po’ più lontano ed ha saputo adattarsi, investendo negli anni e proponendo sempre qualche cosa di nuovo, senza fermarsi al far solo cassa. Chi, invece, è rimasto fermo e si ritrova con impianti obsoleti è chi – vuoi per l’assenza di neve, vuoi per la concorrenza dei cannoni artificiali che ormai assicurano la neve a quote basse già da novembre – non ha avuto la capacità e la lungimiranza di capire che le facili posizioni raggiunte a seguito degli anni buoni dello sci alpino non sarebbero durate per sempre.
La grande suddivisione delle attività invernali sulle nevi è cambiata in modo radicale negli ultimi quindici anni. Agli inizi degli anni novanta la ripartizione contava ancora un 90% di sciatori alpini ed un 10% di fondisti, mentre ora la suddivisione si è diversificata con l’arrivo di nuove ed accattivanti attività sportive quali snowboard, freestyle, freeride, telemark, sci alpinismo, ciaspole e Nordic Walking. Nel tempo queste ultime non solo hanno rubato appassionati allo sci alpino, ma hanno anche catturato nuovi frequentatori della montagna che prima si disinteressavano a certe attività sulla neve perché considerate poco divertenti o fuori dalla loro portata.

Con il passare degli anni non è però cambiata solo l’offerta, ma un po’ alla volta è cambiata anche la natura dei servizi che i clienti richiedono agli operatori del settore. Ad esempio, spesso ora alle guide alpine non viene più richiesto di accompagnare i turisti lungo impegnativi pendii di sci alpinismo, ma è frequente invece la domanda di affiancamenti didattici lungo i sentieri per raggiungere i diversi rifugi. Per quando riguarda lo sci alpino e snowboard, i gruppi partono dalla città già con il proprio maestro che li accompagna. C’è quindi una manifesta tendenza, dovuta forse alla sempre minore disponibilità del tempo e delle risorse a disposizione per lo svago, a chiedere attività rilassanti e di fruibilità quasi immediata. Per quanto riguarda il nordic walking, gli istruttori si sono pertanto organizzati per portare anche in montagna i gruppi che seguono in città durante tutto l’anno.

A seguito di una sempre maggiore richiesta in questa direzione, la
Scuola Italiana Nordic Walking – in collaborazione con TSL Italia – ha studiato la versione invernale della camminata con i bastoncini: il Winter Nordic Walking. Ciò che caratterizza il Winter Nordic Walking – rispetto alla camminata con le classiche ciaspole – è la Rak, un attrezzo molto simile ad una ciaspola, ma al tempo stesso diverso: più versatile, leggero e soprattutto studiato in maniera tale da permettere al piede il caratteristico movimento di rullata che porta innumerevoli benefici a livello cardiovascolare per gli arti inferiori. Inoltre, la Rak adotta un sistema chiamato step-in che è praticissimo e semplice da utilizzare. Bastano pochi secondi per metterla e toglierla, non è più necessario inginocchiarsi e neppure litigare con i laccioli ghiacciati per la neve, dato che basta una manovra con il bastoncino per aprire e chiudere il sistema di aggancio. Anche i ramponcini in acciaio sono stati ridotti nelle dimensioni rispetto a

quelli delle ciaspole ed è stato addirittura eliminato quello posizionato davanti, poiché i pendii per il Nordic Walking non richiedono mai così tanta tenuta.
Se provi le Rak ti innamori subito: poco ingombranti a tal punto che puoi camminare per ore senza sentirne il peso e studiate in modo tale da permettere di galleggiare benissimo anche in neve fresca ed alta. E’ importante però sottolineare che l’uso proprio della Rak è solo ed esclusivamente su piste battute. La Rak diventa quindi un valido alleato per il turista che vuole emozioni e che vuole “camminare” su terreni abbastanza comodi, magari anche al solo scopo di raggiungere una malga dove consumare il pranzo o la cena con una camminata salutare al chiaro di luna.

Allora, mi chiedo, perché non investire in qualcosa di diverso? Perché non dismettere i vecchi impianti non più produttivi e, in alternativa, progettare e creare nuove aree outdoor? Perché non investire nell’ospitalità e nell’offerta dei rifugi, inserendo attività per l’intrattenimento all’aperto di adulti e bambini?
Un passo coraggioso? Non credo. Solo la capacità di guardare un po’ più lontano.
Concludo con una massima di G. B. Shaw che spero sia di spunto e riflessione: “Le persone che riescono in questo mondo sono quelle che vanno alla ricerca delle condizioni che desiderano e, se non le trovano, le creano”. (Pino Dellasega)
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