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Per me l’autonomia e’ un’insuperabile esperienza di autogoverno che ha radici antiche e che guarda al futuro. E’ uno stile di vita della gente di montagna, che valorizza la civilta’ delle terre alte garantendo lavoro e qualità della vita a coloro che scelgono di vivere qui.
E’ un dialogo tra modernità, innovazione e tradizione. E’ un’insieme di relazioni tra città e valli tipiche dell’area alpina, in cui le politiche di decentramento si contrappongo ai modelli centralisti delle aree metropolitane. L’autonomia è integrazione e convivenza tra culture, identità, gruppi linguistici; è fare rete anche tra diversi comparti economici; è costruire modelli di sicurezza e di assistenza basati sulla presenza del pubblico, supportata in maniera decisiva dall’impegno e dalla qualità professionale del volontariato. Per questo l’autonomia dà opportunità ai suoi abitanti e rappresenta il miglior futuro per i nostri figli.
Narrare l’autonomia vuol dire trascriverne la verità immediata, la verità di base, quella concreta che tutti noi possiamo toccare con mano. Per noi l’autonomia è stata, e soprattutto è e deve essere, l’antidoto alla marginalità e alla solitudine dei territori montani. La via mediante la quale abbiamo raggiunto l’emancipazione economica, civile e culturale e ci siamo collocati con autorevolezza in Europa. Investendo la nostra tenacia e il nostro impegno a fronte di diritti riconosciuti in base alla nostra storia, stiamo mostrando che le popolazioni delle terre alte possono avere un loro ruolo distintivo nell’Europa dei popoli e nel mondo. Possono avere la capacità di dotarsi di un modello di sviluppo che non è imitazione di altri modelli o al traino di sistemi dominanti. Il valore simbolico e concreto della nostra autonomia è perciò fondato su una sostanza e un pensiero che hanno dato vita a scelte concrete che abbiamo la responsabilità di continuare e migliorare. Vi sono alcuni capisaldi che meritano prevalente attenzione in questa storia straordinaria. Nella ricostruzione successiva alla seconda guerra mondiale fu Alcide De Gasperi a connettere la nostra realtà locale ad una visione ampia e progettuale, capace di anticipare l’avvenire. Un disegno istituzionale di portata europea creò le condizioni per il riconoscimento di un intero popolo, il nostro. La vocazione popolare della gente trentina trovò un adeguato contenitore istituzionale e smettemmo di emigrare, di dover lasciare le nostre terre; diventammo capaci di determinare il nostro futuro. Il tempo del consolidamento giunse con Bruno Kessler.
Dall’urbanistica all’economia, fu disegnata una società all’altezza della modernizzazione e ogni valle ebbe l’opportunità di curare le proprie peculiarità, creando le premesse per il Trentino che avrebbe visto un effettivo salto di qualità nella vita di tutti i suoi abitanti, mantenendo la propria identità. Le comunità locali hanno potuto vedere valorizzata la propria storia e i servizi hanno elevato la qualità della vita portandola a standard tra i migliori in Europa. È stato poi Flavio Mengoni ad attuare, implementandola, questa visione e a dare corpo alle condizioni perché la relazione città-territorio divenisse concreta attraverso lo sviluppo delle istituzioni intermedie per potenziare la capacità delle popolazioni locali di decidere il proprio destino.
Mentre i comuni hanno potuto continuare a essere il luogo della partecipazione democratica, le scelte congiunte hanno aumentato le possibilità delle popolazioni delle valli di autogovernarsi. La dimensione comunale, infatti, necessita di integrazione e sussidiarietà e queste esigenze in quel periodo sono divenute un banco di prova che ancora oggi rappresenta una sfida necessaria. L’integrazione delle scelte di governo può consentire, infatti, ai sistemi locali, di individuare le proprie priorità di sviluppo in autonomia, e in quel periodo furono messe le basi di una innovativa forma di valorizzazione delle vocazioni distintive delle valli e del loro collegamento con la città capoluogo.
La capacitazione della gente trentina verso il ventunesimo secolo e le sue opportunità l’ha preparata e realizzata Lorenzo Dellai, combinando gli investimenti in conoscenza e emancipazione, con un giusto equilibrio tra governo locale e internazionalizzazione. Dai centri di ricerca trentini riconosciuti in tutto il mondo, al rilancio dell’Università e dell’innovazione attraverso i distretti tecnologici; dalla riforma istituzionale per garantire alle comunità locali di essere protagoniste del proprio destino, alla valorizzazione del paesaggio, dell’ambiente e del territorio; dalla capacità di favorire la crescita attraverso nuove politiche di sviluppo, fino al riconoscimento Unesco delle Dolomiti come Patrimonio dell’umanità; oggi il Trentino è uno dei luoghi dove si vive meglio in Italia e in Europa, grazie a un’autonomia aperta al mondo. Quel percorso deve essere ulteriormente sviluppato e consolidato.
Questa è l’autonoma come io la vedo e la sento. www.maurogilmozzi.it
52 anni, nato a Cavalese, risiede a Tesero. Già consigliere e assessore al comune di Tesero, è presidente dell’APT di Fiemme e rappresentate delle APT del Trentino, e presidente esecutivo del comitato Mondiali di Fiemme 2003 e 2013 e delle gare di coppa del mondo. E’ direttore degli impianti a fune Pampeago e membro del Comitato esecutivo di Trentino Marketing.
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